Ciao Tom è un piacere poter parlare con te! Ti va di raccontarci il tuo percorso in materia di sostenibilità digitale?
Il mio background è legato allo studio del product design, in particolare dell’industrial product design: il mio progetto di tesi finale era dedicato proprio al product design sostenibile.
Facendo ricerche per i miei studi ho avuto modo di approcciarmi criticamente a questa materia e di approfondire la tematica, guadagnando allo stesso tempo tante conoscenze di tipo pratico, come strumenti d’applicazione e tecniche environmentally friendly.
Ho continuato poi a lavorare su efficienza, riciclo e ciclo di vita del prodotto, senza mettere mai da parte la sostenibilità anche nel mio percorso lavorativo.
Quel che alla fine è successo è che ho finito per disamorarmi del product design nel senso più pratico del termine, proprio a causa del lavoro applicato che ho svolto, perché più cercavo di lavorare nell’ottica del design responsabile e della risoluzione dei problemi, più mi rendevo conto che era necessario approcciarsi a questa materia in altro modo, perché i risultati ottenuti non riuscivano a fare la differenza. Era necessaria quasi una ripartenza da zero.
Parliamo della metà degli anni 2000, sono rimasto catturato e affascinato dalla possibilità di un tipo di progettazione che non fosse legata a un prodotto fisico, da gettare via al termine della sua vita di oggetto. Sono approdato quindi al digital design con grandissimo ottimismo.
Lavorando in questo campo ogni giorno è poi diventato molto chiaro quanto anche nel mondo digitale mi trovassi di fronte alle stesse scelte e agli stessi dubbi che affrontavo ai tempi in cui mi occupavo ancora di product design.
Circa quattro anni fa ho cominciato a sentire il bisogno di intraprendere un percorso attivo circa la tematica della sostenibilità ambientale e ho iniziato a fare ricerca sul cambiamento climatico, scoprendo quanto fosse significativo l’impatto del digitale e capendo quindi che era necessario considerarlo con grande attenzione e serietà.
Partendo da questa consapevolezza, ho cercato di lavorare per sviluppare metodi di progettazione responsabili che si potessero applicare a ogni prodotto che vive sul web, per produrre servizi digitali che aiutino a ridurre l’impatto ambientale del digitale, cercando di raggiungere la soglia delle zero emissioni di carbonio.
Vorresti parlaci di Wholegrain Digital un po’ più nel dettaglio? Sappiamo che Wholegrain Digital è certificata B Corp, ti andrebbe di raccontarci qualcosa di più a riguardo, cosa significa in particolar modo questa certificazione per un’azienda che si occupa di digitale?
Certamente! Quando abbiamo dato vita a Wholegrain Digital il nostro obiettivo era quello di lavorare per essere quanto più sostenibili possibile. Dal primo giorno abbiamo sempre cercato modi di approccio al lavoro e agli obiettivi di business che ci permettessero di ottenere un impatto minimo sull’ambiente, anche se eravamo ancora una piccola realtà che operava con le migliori intenzioni.
La certificazione B Corp viene rilasciata solo a quelle aziende in grado di attestare le migliori performance in termini di sostenibilità ambientale; nonostante lo scetticismo iniziale, dopo aver analizzato nel dettaglio il processo di valutazione, ho realizzato quanto fosse rigoroso e che grande riconoscimento questa certificazione fosse. Era difficilissimo rientrare nei parametri richiesti, anche per una compagnia come la nostra che nasceva proprio con lo scopo di essere quanto più virtuosa possibile.
Ottenere questa certificazione è stato uno step fondamentale per noi, ci ha fatto crescere enormemente, spingendoci a fare meglio in ogni aspetto del nostro lavoro, dalla progettazione alla misurazione. Un’incredibile opportunità anche per imparare.
Tutto quello che è arrivato dopo il riconoscimento di Wholegrain Digital come B Corp ci ha fatto scoprire che incredibile e vastissima comunità fortemente dedicata allo sviluppo del digitale in linea con la sostenibilità esista là fuori, e grazie a questo abbiamo avuto la possibilità di prendervi parte attivamente.
Una comunità aperta e generosa, che lavora condividendo conoscenze ed esperienze con l’obiettivo comune del miglioramento del settore, qualcosa che per me è fonte di grande ispirazione.
Parliamo di websitecarbon.com se ti va. Quando hai pensato per la prima volta alla possibilità di creare uno strumento che misurasse l’impatto sull’ambiente dei prodotti digitali?
Abbiamo iniziato a sviluppare la metodologia che si pone alla base del funzionamento di websitecarbon.com circa cinque anni fa, inizialmente solo per un nostro uso interno, per migliorare il nostro lavoro quotidiano.
Dopo alcuni mesi di utilizzo ci siamo resi conto di quanto ci aiutasse e abbiamo pensato alla creazione di una versione per l’uso pubblico, un contributo da parte nostra allo sviluppo di un web più sostenibile. Così abbiamo lanciato websitecarbon.com, che tutti possono trovare online e utilizzare per misurare i consumi dei propri prodotti digitali. Chiaramente speravamo che questo strumento venisse utilizzato e sfruttato, e ad oggi la sua popolarità e diffusione ci rende davvero felici.
Già con la creazione di Ecograder, grazie al lavoro svolto da Mightybytes e Tim Frick, erano state poste basi molto solide: parliamo di circa sei anni fa quindi davvero in anticipo rispetto al nostro lavoro. Forse l’unica cosa mancante in Ecograder era la possibilità di quantificazione dell’impatto sull’ambiente in termini di energia o emissioni di carbonio. Noi abbiamo introdotto anche questa metrica.
La prossima domanda che vorrei farti riguarda il Sustainable Web Manifesto. Come e quando hai avuto l’idea di crearlo e perché?
Il Sustainable Web Manifesto nasce circa tre anni fa dalla consapevolezza della necessità di creare dibattito circa la sostenibilità ambientale nel digitale. Si è sempre parlato molto di performance, sicurezza, accessibilità, ecc., ma la sostenibilità non sembrava essere mai considerata attentamente.
La nostra speranza era che creando un semplice manifesto, che in qualche modo riportasse i punti principali di questo tema così delicato, si generasse conoscenza e consapevolezza, che il Manifesto funzionasse da richiamo e spinta al dialogo, per mettere sul piatto delle discussioni sul digitale anche quelle dedicate alla sostenibilità, nel modo più semplice e immediato possibile.
Volevamo che fosse un testo minimale, in grado di arrivare praticamente a tutti, lavoratori del settore o meno, quindi ci siamo rivolti ad alcune personalità che sapevamo essere interessate all’argomento e molto attive e competenti, parlo ad esempio di Tim Frick – che abbiamo menzionato poco fa – e abbiamo chiesto loro di aiutarci a redigerlo.
Sono seguiti alcuni mesi interessantissimi di collaborazione e dibattito che ci hanno permesso di rendere il testo quanto più semplice ed efficace possibile, e che hanno dato vita al Manifesto come lo conosciamo oggi.
Inizialmente avevamo inserito cinque punti cardine:
- Clean
- Efficient
- Open
- Honest
- Regenerative
Poco tempo dopo la pubblicazione del Sustainable Web Manifesto nella sua prima versione, l’Australia è stata colpita duramente da una stagione di incendi drammatica, e in conseguenza di questo ci siamo trovati davanti a un nuovo momento di riflessione. Gli incendi hanno colpito la vita di tante persone, in moltissimi non riuscivano ad accedere ai servizi digitali in un momento estremante critico, proprio quando ne avevano maggiormente bisogno per conoscenze pratiche e fondamentali (contattare i propri cari, servizi di emergenza, aggiornamenti, informazioni metereologiche, etc). Abbiamo introdotto così il sesto punto del manifesto: “Resilient”.
Ti chiedo, come definiresti la sostenibilità digitale in modo da spiegarlo ai non addetti ai lavori? E che soluzioni ci possono aiutare al momento?
Considerando la sostenibilità digitale dal punto di vista di un progetto web la definizione per me sarebbe decisamente: “progettare servizi digitali che abbiano la più bassa quantità possibile di consumo energetico e rilascio di carbonio”.
Se dovessi dare una definizione generale direi: “l’uso della tecnologia digitale per creare una società sana in un ambiente naturale sano”. È fondamentale riuscire a capire quanto è grande l’impatto totale di queste tecnologie nel quadro generale della nostra vita quotidiana. Non parliamo solo dell’energia, delle emissioni di carbonio, o altro, ma soprattutto di che tipo di influenza il digitale abbia sulla nostra società, che azioni ci spinge a compiere, cosa ci permette di fare.
È chiaro che molti servizi ci rendono la vita più semplice – pensiamo all’uso del digitale applicato alla gestione dei mezzi pubblici – ma allo stesso tempo il digitale può essere utilizzato per altri scopi, di natura drasticamente diversa, come ad esempio la ricerca di siti per l’estrazione del petrolio. È un equilibrio davvero complesso. L’impatto è enorme e va molto oltre il singolo servizio digitale.
Cosa pensi delle differenze che esistono tra l’approccio alla sostenibilità digitale di matrice francese e quello che invece possiamo definire “mainstream”. Puoi darci una tua opinione? Come ti approcci al sistema francese?
Ho scoperto il grande lavoro di analisi fatto in Francia sul tema della sostenibilità digitale grazie ad alcuni report di GreenIT France, anche se la maggior parte delle informazioni a riguardo era distribuita in francese perché destinata a un pubblico francofono, di conseguenza tanti ottimi materiali mi erano preclusi. Fortunatamente ho avuto la possibilità di conoscere Gauthier Roussilhe, abbiamo avuto modo di scambiarci opinioni, e la lettura del suo blog mi ha aiutato a conoscere meglio l’approccio francese alla sostenibilità.
È stato molto interessante realizzare come negli Stati Uniti o in UK si abbia un focus centrato particolarmente sulle emissioni di carbonio. Quando abbiamo iniziato il nostro viaggio con Wholegrain ci siamo ovviamente occupati primariamente dei problemi che vedevamo sottolineati e maggiormente considerati intorno a noi, cercando di inserire nel discorso generale il settore digitale.
Parlando con Gauthier ho scoperto come in Francia abbiano una visione molto più olistica della sostenibilità digitale, partendo dalla considerazione dei materiali, della catena produttiva, degli scarti elettronici prodotti dallo smaltimento, continuando poi con il consumo dell’acqua in correlazione al funzionamento dei data centers, insomma una prospettiva che abbraccia un panorama molto più ampio circa l’impatto ambientale delle tecnologie digitali. Questo mi ha davvero aperto gli occhi, spingendomi a ragionare molto di più in questa direzione negli ultimi anni, tanto che nel lavoro di revisione del metodo che è alla base di websitecarbon.com – lavoro che stiamo svolgendo in questo momento – abbiamo iniziato a considerare l’inserimento di nuove metriche che tengano conto anche di fattori critici in più, come il consumo dell’acqua.
Qual è la tua visione circa il futuro della sostenibilità digitale? Come pensi evolveranno le cose nei prossimi anni?
Credo che ci saranno alcuni cambiamenti, la prima cosa da sottolineare è che finalmente questa tematica così importante per noi sta finalmente ottenendo l’attenzione che merita e c’è molto entusiasmo.
Il punto fondamentale per me è ragionare su come allargare il dibattuto ancora di più, e come riuscire a farlo arrivare sempre più lontano, oltre i confini del nostro settore.
La mia speranza è che arrivino pressioni anche dai non addetti ai lavori circa la necessità di una maggior trasparenza sui consumi delle singole realtà digitali, insieme allo sviluppo di ottime metriche che ci diano la possibilità di calcolarli. Allo stesso modo mi auguro più dedizione e consapevolezza da parte di chi sfrutta i servizi dei data centers, che scelgano eventualmente di rivolgersi solo a provider che siano virtuosi nell’uso di energia rinnovabile.
Al momento, per tornare al problema dell’energia e delle emissioni di carbonio c’è molta difficoltà nel reperire report e dati uniformi, cerchiamo sempre di capire perché differiscano tra loro così tanto, mi auguro che si arrivi a stabilire parametri certi che garantiscano affidabilità. Con Wholegrain, Mightybytes ed Ecoping, stiamo lavorando per rivedere i dati più recenti e trovare un approccio omogeneo per definire una nuova metodologia di calcolo, più aggiornata, da rilasciare nei prossimi mesi e che credo sarà di grande aiuto, sperando che anche i ricercatori stessi arrivino a concordare nell’uso di una comune metodologia per produrre i report sui quali ci basiamo per portare avanti il nostro lavoro.
Per concludere, la mia speranza più grande è che si inizi a ragionare sempre di più sul perché usiamo queste tecnologie e che tipo di influenza hanno sulla nostra società. Pensiamo agli e-commerce: l’impatto di tutta la loro catena operativa è enorme, ma non è solo di tipo ambientale, agisce anche sul mercato e sul commercio, oltre che sulle abitudini di acquisto delle persone.
Spero che tutte le discussioni che stiamo facendo adesso portino nei prossimi anni a un’analisi sempre più olistica, per capire meglio che ruolo giocano le tecnologie digitali nella società e se sono davvero un aiuto, per un futuro più sostenibile.