Solo il 22% degli e-shop italiani vende anche al di fuori dell’Italia. Si tratta di uno dei dati più rilevanti dell’indagine realizzata dal noto portale idealo e relativa al fenomeno del “cross border trade”, ovvero la possibilità di vendere online anche all’estero. La questione è stata affrontata al Netcomm Forum 2018 (tenutosi a fine maggio), e rappresenta certamente un tema caldo, che abbraccia anche la sopravvivenza stessa di determinate realtà.
Partiamo da un punto fondamentale, che dimostra come il cross border trade sia, a oggi, un’occasione mancata per l’Italia. L’ultimo report di Eurostat infatti ha messo in luce come l’e-commerce in Europa goda di ottima salute: nel Regno Unito, ad esempio, l’86% degli utenti internet usa il canale online per fare acquisti, in Svezia la percentuale è dell’84% e in Germania dell’82%.
Solo il 22% degli e-shop italiani vende anche al di fuori dell’Italia. Si tratta di uno dei dati più rilevanti dell’indagine realizzata dal noto portale idealo e relativa al fenomeno del “cross border trade”, ovvero la possibilità di vendere online anche all’estero. La questione è stata affrontata al Netcomm Forum 2018 (tenutosi a fine maggio), e rappresenta certamente un tema caldo, che abbraccia anche la sopravvivenza stessa di determinate realtà.
Partiamo da un punto fondamentale, che dimostra come il cross border trade sia, a oggi, un’occasione mancata per l’Italia. L’ultimo report di Eurostat infatti ha messo in luce come l’e-commerce in Europa goda di ottima salute: nel Regno Unito, ad esempio, l’86% degli utenti internet usa il canale online per fare acquisti, in Svezia la percentuale è dell’84% e in Germania dell’82%.
In Italia siamo fermi al 43%, contro una media europea del 68%.Appare dunque evidente come la vendita anche all’estero possa rappresentare un vantaggio per gli e-shop italiani, con l’opportunità di affacciarsi su un mercato internazionale che appare maggiormente ricettivo del nostro quando si parla di e-commerce e allargare di conseguenza il proprio bacino d’utenza.
Volendo approfondire l’analisi effettuata da idealo, abbiamo avuto modo di confrontarci con Fabio Plebani, Country Manager dell’azienda in Italia, che ci ha spiegato come il primo passo del report sia stato quello di centrare il target di utenti che, nel nostro Paese, si rivolge maggiormente agli e-commerce per i propri acquisti.
“Gli utenti italiani che si rivolgono maggiormente all’e-commerce sono rappresentati, per il 60%, da uomini. Si tratta di un dato in contrasto con il resto d’Europa, dove ormai si è raggiunta una parità di fruizione tra donne e uomini. Inoltre, il target di riferimento nel nostro Paese è compreso tra i 35 e i 44 anni, con acquisti operati 1 volta al mese in media”, ci ha spiegato Fabio Plebani.
Questo dell’uomo con età compresa tra i 35 e i 44 anni è un dato che idealo ha riscontrato anche in Europa, dove però il secondo target di riferimento per ordine d’importanza è quello degli uomini con età compresa tra i 25 e i 34 anni, mentre in Italia il secondo gradino del podio è occupato dalla fascia dei 45-54 anni. Un dato che potrebbe significare una minore quantità di denaro a disposizione dei giovani italiani o, in alternativa, una mancanza per questi ultimi degli strumenti (carta di credito, prepagata ecc…) per avere accesso all’e-commerce, con conseguente uso di quelli dei genitori.
Come già detto in apertura, secondo l’indagine di Idealo, in Italia solo il 22% degli e-shop vende anche al di fuori del proprio Paese. Dato ben lontano da altre realtà europee come Spagna e Francia, in cui gli store online che vendono all’estero sono il 50%, ma anche Regno Unito e Germania in cui il dato è rispettivamente del 48% e del 46%. Ma non è tutto.
Un altro dato poco incoraggiante messo in luce da idealo mostra come questa scarsa apertura dell’e-commerce italiano al resto d’Europa si evinca anche dal fatto che solo l’8% dei negozi digitali in Italia presenti il proprio e-shop in una seconda lingua differente dall’Italiano. Un dato tendenzialmente basso in tutta Europa, che vede l’e-commerce spagnolo in testa con il 24% di portali in doppia lingua, seguito dal Regno Unito al 24%, dalla Germania al 12% e dalla Francia al 10%.
Infine, idealo ha cercato di evincere quanti e-shop italiani offrano la possibilità di pagare in una valuta differente dall’Euro e la risposta è “solo il 4%”. Anche in questo caso, un dato coerente con il resto d’Europa, con gli e-shop inglesi che si aprono ad altre valute nel 24% dei casi, seguiti da quelli spagnoli (8%), tedeschi (4%) e francesi (2%).
“Il nostro obiettivo non è mai quello di segnalare una mancanza, ma quello di mostrare un’importante opportunità che al momento il mercato italiano non sta cogliendo appieno. È un vero peccato in quanto l’Italia avrebbe un netto vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi: sia perché può allargare ulteriormente il proprio bacino d’utenza coinvolgendo un pubblico già avvezzo al mercato digitale, sia perché può contare su uno dei brand più riconoscibili al mondo – quello del Made in Italy – che gode di popolarità a livello globale” ha commentato Plebani.
Appare evidente come sia necessario un intervento di natura sistemica. Per il 2018 è prevista in Italia una crescita dell’e-commerce pari al 14%, un dato che però va letto nella logica di un Paese che comunque è indietro rispetto al resto d’Europa. Probabilmente è proprio il concetto di qualità a dover essere perseguito, che può rappresentare il vero fattore distintivo rispetto ai concorrenti stranieri.
Fonte: www.tomshw.it